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Il complesso architettonico
Anticamente il complesso religioso di San Francesco presente a Padova, comprendeva l’attuale chiesa, un ospedale ed un convento. L’odierno edificio di culto dedicato a San Francesco sarebbe il risultato di ampliamenti di una cappella originaria del XIII secolo di appartenenza ai Frati Minori Osservanti. Probabilmente il gruppo architettonico venne costruito ex-novo nel XV secolo per desiderio dei coniugi Baldo de’ Bonaffari da Piombino e Sibilla da Cetto.
Le poche raffigurazioni grafiche disponibili rappresentano il complesso a seguito di modifiche e ampliamenti.
Il primo documento archivistico relativo alla chiesa è il contratto d’appalto delle strutture murarie dell’edificio, atto redatto il 18 dicembre 1416 secondo le norme dettate direttamente da Baldo dè Bonaffari, da cui si evince che nel corso di un unico cantiere si dovessero realizzare sia l’edificio religioso che i due portegali: uno de l’inchiostro della chiesa e l’altro de fura sulla via comunale. Si tratta di due strutture ben distinte che si riferiscono, la prima al cortiletto interno e la seconda pensata e realizzata in prosecuzione del porticato esterno dell’ospedale, in quel periodo ancora non costruito. Come per l’edificio ospedaliero, la chiesa e l’annesso convento dovevano inserirsi e rapportarsi con il portico, assecondando l’andamento del preesistente tessuto stradale.
All’impresa, per la costruzione della chiesa e dell’ospedale, si trovarono allora impegnati i capomastri Nicolò Gobo e Antonio del Rio. Nel contratto del 1416 ai capomastri venne affidato il lavoro obbligando a impostare le volte a crociera “parte sul muro vecchio [dell’Ospedale] et parte su muro nuovo [della chiesa e del chiostro]”. Nel contempo agli stessi artefici si richiese di innalzare la struttura su “colonne di piera viva cum volti”e di concludere l’intero fronte “cum belle cornixe de pria cocta per dare bella vista de fura al dito portegale e con ochi tondi sora dicte colone sicome mejo apare”; aspetto che è poi ancora quello di oggi, ricorrente lungo la via San Francesco. L’unità di questi cantieri è comprovata da un contratto del 15 aprile 1417, quando il Latuga, come già visto influente deputato alla fabbrica, prese accordi con il fabbro Achille Meggiorino per la fornitura di ferramenta come “guercijs, lamis, arpexiis et aliis laborerus … pro porticali ecclesia et hospitali”.
Nel 1405 con la caduta della Signoria Carrarese, Padova pervenne sotto il dominio di Venezia.
Il Bonaffari referendario e consigliere fedelissimo dei Da Carrara, confinato a Venezia dopo la caduta dei Signori di Padova,cercò di rientrare in possesso dei beni propri, espropriati dai veneziani, al fine di realizzare il suo impegnativo progetto benefico.
Tra il 1520 e il 1575 fu ingrandita la navata trasversale e su progetto di Andrea Capodivacca fu eretto l’altare ora dedicato alla Madonna della Salute, sul quale fu posta la tela di Paolo Veronese, intitolata Ascensione del Signore al cielo.
La chiesa crebbe e acquistò arredi architettonici e artistici fino alla prima metà del Settecento, a causa delle leggi vessatorie della Repubblica Veneta e della soppressione napoleonica, nel 1810 i frati vennero cacciati dal convento e il luogo di culto venne adibito a magazzino militare. Nel 1827 il governo austriaco cedette metà del convento al parroco di San Francesco ed una metà alla Facoltà di Veterinaria e Zoologia.
Il complesso conventuale e la chiesa divennero oggetto di numerosi interventi di restauro, nel 1926 in occasione del centenario francescano furono riaperte le finestre termali ed i rosoni; solo dopo la Seconda Guerra Mondiale furono rimosse le modifiche che avevano alterato l’aspetto originario.
Lunette dipinte
Nel XV e XVI secolo il convento di San Francesco fu uno dei centri culturali più celebrati di Padova.
Le raffigurazioni attuali sono attribuite aFrancesco Squarcione (Padova,1397 circa –1468 circa) e alla sua bottega.
Probabilmente, vennero realizzate tra il 1452 e il 1468 circa, entro 26 lunette esterne, raffiguranti episodi della vita e i miracoli di San Francesco, in chiaroscuro e terra verde. Sotto ciascuna lunetta le iscrizioni spiegavano il significato della scena, oggi rimangono poche tracce.
In questi dipinti le figure e l’ambiente si uniscono armonicamente, l’architettura ed il paesaggio si fondono con naturalezza e semplicità, siamo dinanzi ad una svolta rinascimentale del pittore e della sua bottega, grazie all’uso della prospettiva e al legame disinvolto tra le figure e lo spazio.
Il ciclo pittorico va inserito all’interno di un contesto letterario medievale fecondo, con riferimento ai versi di Jacopone da Todi e di Dante, il portico si trasforma in un grande libro aperto specchio della religione e della cultura del tempo.