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Istituto Veneto dei Beni Culturali

Restauro del ciclo pittorico e del portico di San Francesco Grande di Padova

Restauro del ciclo pittorico e del portico
di San Francesco Grande di Padova

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Galleria - Stato di Conservazione


Stato di conservazione prima del restauro

Prima del restauro condotto dall’IVBC, il ciclo pittorico si trovava in totale abbandono, lo stato di conservazione grave era causato da differenti fenomeni di varia natura: l’umidità ambientale, l’umidità di risalita, i depositi di agenti inquinanti e la mancata manutenzione ordinaria. Gli elementi di degrado riscontrati sulle lunette hanno riguardato gli strati interni e superficiali delle pareti dipinte.
Riportiamo qui di seguito le maggiori problematiche conservative riscontrate:
  • poca adesione tra gli strati murali;
  • diffusa decoesione superficiale;
  • deformazione della pellicola pittorica causata dall’azione disgregante dei sali;
  • lacune del supporto di varia dimensione sulla superficie;
  • perdita della pellicola pittorica;
  • diffusi sollevamenti di lamelle di colore, favoriti dall’elevata capacità di assorbimento idrico della terra verde, molto argillosa;
  • fessurazioni di varia grandezza negli strati murali;
  • dilavamento superficiale;
  • polvirulenza sulla superficie dovuta dall’umidità e da materiali inquinanti;
  • materiali incongrui usati in precedenti restauri: malte e altro materiale incoerente impiegato per le stuccature delle lacune, tracce di protettivi: colla animale sulla superficie, resina acrilica, stesa nell’ intervento di restauro del 1958, resine vegetali di origine terpenica riconducibili all’intervento del 1924;
  • polveri e composti inquinanti come l’anidride solforosa che ha contribuito ad un acceleramento dei processi degradativi;
  • imbrunimento e disomogeneità dello strato pittorico;

I capitelli in pietra presenti ai lati delle lunette presentavano consistenti depositi superficiali di varia natura, numerosi distacchi e lacune.

Storia degli interventi

L’umanista e grammatico veneto, Bernardino Scardeonefu tra i primi a ricordare il ciclo pittorico padovano.

Attorno alla metà del Settecento, in occasione dell’ottavario per la canonizzazione di San Pietro Regalato (13 maggio) l’Algarotti riportò il momento in cui i frati del convento ricoprirono di calce le lunette.

Nel 1924 lo studioso Rizzoli accennò di un “rinvigorimento” del ciclo francescano e a tal proposito nelle indagini FTR svolte nella prima lunetta “campione” restaurata durante i cantieri condotti dall’IVBC sono state riscontrate tracce di resine vegetali, probabilmente gommalacca usata per “ridar tono” ai dipinti.

All’inizio del XX secolo incominciò un’operazione di descialbatura degli affreschi, la Soprintendenza dei Beni Architettonici e del Paesaggio Veneto orientale documentò lo svolgimento nel 1937 dell’intervento di descialbo con modalità preoccupanti; fino a quell’epoca due sole lunette erano riemerse dalla calce, per volontà e spese dell’Ingegner Monterumici. Questi due dipinti riscoperti dal Monterumici furono disegnati da Augusto Capovilla nel 1900 e raffiguravanoSan Francesco e Povertà e S.Francesco riceve le stigmate.

Partendo dalla riscoperta di quel disegno, lo studioso Michelangelo Muraro, iniziò una serie di studi che condussero all’articolo comparso su Burlington Magazine nel 1959.

Nel 1958 presero il via alcune operazioni di restauro: fissaggio del colore a base di un leggero strato di resina acrilica, saldatura dell’intonaco nelle parti pericolanti, ed in particolare si prestò attenzione all’operazione di strappo della lunetta di San Francesco e Povertà.

Nel 1958 la restauratrice Giuseppina Menin, disegnò le scene delle lunette per evitare durante il restauro di completare con fantasia le gravi lacune. In molti casi fu difficile comprendere le rappresentazioni e le parole delle iscrizioni.

Il 6 marzo 1959, lo studioso M.Muraro si rivolse all’Istituto Centrale del Restauro di Roma per approfondire lo studio sulle lunette del portico di San Francesco e negli anni Settanta, Ottanta e Novanta furono eseguiti diversi lavori statici e murali del portico.

Successivamente i dipinti tornarono nuovamente illeggibili e coperti da uno coltre di sporco e di degrado causati dagli inquinanti, dall’umidità ambientale e di risalita.

Lo studioso Claudio Bellinati riportò in luce il problema della cattiva conservazione dei dipinti del sottoportico e si augurò che potessero essere restaurati e protetti dall’usura del tempo e dalla loro infelice collocazione.

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